sabato 16 ottobre 2010

Complicità


Ho letto il commento di lindalov. Dice che le manco. Sentire la frase “mi manchi” mi stringe il cuore. Non so nulla di lindalov, e immagino lei non sappia nulla di me. Ma alle mie orecchie il mi manchi è un po’ come “ehi stronza, hai tradito il rapporto che avevamo, prima c’eri, per me eri importante, io mi fidavo di te, ora non ci sei più, torna perché ho bisogno di te, torna subito perché poi potrebbe essere troppo tardi, torna perché appena passa la nostalgia potrei sostituirti con qualcun altro.” Praticamente una minaccia. Sì, scusa lindalov, immagino tu volessi dire molto più semplicemente “ehi, scrivi un altro post perché ho voglia di leggerlo”. Ma stasera sono in vena di metafisica. E soprattutto, come avrete tutti capito, ho un brutto trascorso col “mi manchi”!

Stadifatto che mi son chiesta cosa potrei scrivere.
Ho pensato che avrei voglia di scrivere di te.

Ma non mi sembra una grande idea.
Io mi conosco, e so cosa succede quando traduco in parole il mio cervello emotivo.
Perché è di questo che si tratta.
Va sempre a finire che inizio a sproloquiare.
Romanzo.
Io romanzo le cose, i fatti e i pensieri. Le faccio belle. Ci metto rossetto, ombretto, e per finire un tocco di brillantini sulle gote. Praticamente un pasticcio.
Un romantico pasticcio.

Perché?
Perché sono una stronza.
Perché mi faccio domande alle quali rispondo senza filtrare il tutto attraverso il mio principale meccanismo di autodifesa: la ragione.
E così traduco impalpabili ombre di pensieri in parole, e poi mi lascio convincere dalle parole pensate, dette, o scritte con l’idea che se sono farina del mio sacco, non possono che essere verità. Solitamente va a finire che mi faccio male.

Per questo negli ultimi… anni? Cazzo, sì, anni.
Per questo negli ultimi anni ho smesso di farmi domande e darmi risposte.
Per non farmi male.

Per questo nemmeno stavolta rifletterò su di te, mi farò domande su di te, scriverò di te.
Perché, così com’è, è troppo bello.
Perché preferisco lasciarti nel mondo delle idee, nell’iperuranio.
Perché i miei pensieri sono un virus, che una volta che si è mutato, infetta ogni parte del mio organismo portandomi rapidamente alla morte.
Ma io non mi farò uccidere da lui.
Nemmeno questa volta.

Il “quasi-quasi” e il “perché no?” hanno abbandonato già da molto il mio modus vivendi.
Nonostante mi emozionassero più d’ogni altra cosa.

Ormai la mia pellaccia è dura.
I miei sogni infranti.
E i miei occhi pieni di lacrime.
Ho imparato a farle asciugare dal vento.
E a farmi consolare dalla musica.

Un giorno deciderò che è arrivato il momento di fare un passo indietro.
E aprirsi al mondo.
Ma quel giorno è ancora parecchio distante.

Domande e risposte riposano nel cassetto, chiuse a chiave, insieme alla parte della mia vita che valeva la pena vivere.
La chiave l’ho portata dal fabbro.
L’ha fusa insieme al mio cuore.
Ora è un blocco di materia informe ed incolore.
L’ho riposto in quel cassetto che non apro mai.
Fra il perizoma di pizzo, un bocciolo di rosa e il diploma di laurea.
Ricordi di vita vissuta.

Ma ti desidero.
Desidero te.
Desidero il tuo corpo.
Desidero averti qui.

Complicità, il sogno di sempre
su questo pianeta solo noi due
spirito e corpo disgiunti
poi in un istante congiunti
ma io mi sento il sangue pulsare in te.

Ho appena fatto quello che dicevo di non voler fare, giusto?
È tipico della sottoscritta, da me non aspettatevi la coerenza.
Irrazionale razionalità.

3 commenti:

TheBabalaas ha detto...

oniriche è un aggettivo che mi piace molto. Ti ringrazio. Vorrei ricambiare immediatamente con un commento adeguato ai tuoi post che sbircio da un pò ma cerco di "studiarmelo bene per dire tutto:D" (hai una nikon? curiosità mia puerile)

kumiko ha detto...

Allora aspetto! :)
Curiosità puerile... Ahah! E da cosa l'avresti capito? :P Ovviamente sì.

TheBabalaas ha detto...

dalla maglietta! (non mi fido mai degli avatar:D)