domenica 6 ottobre 2013

Se questo è amore

Questo 2013 è iniziato con un capodanno di presunto amore.
È stata una promessa di un amore romantico la tua.
Di quelle promesse da adolescenti, da film.
Di quelle promesse piene e totalizzanti: ti dono tutto di me, tu sarai tutto per me.
Una notte e un giorno d'amore dolce e decolla il noi.

Con la Befana arriva il tuo sofferto e incredibile "Ti amo".
Abbiamo trent'anni.
Mi fai battere il cuore, sì, ma come posso crederti?
Non mi fido un cazzo dei facili entusiasmi.
Si vabbè. Niente.
Cado ugualmente nella tua rete.
E inizio a perdere la testa per te.

Al trentesimo giorno non ti capisco già più.
Tu fai il vago.
Io inizio a tradirti ancora prima di San Valentino.
Con trasporto, irriverenza, senso di vendetta e gran soddisfazione.
Tu smetti di dichiararmi il tuo amore, ma vuoi conoscere la mia famiglia.
Vaffanculo a te. Com'è che conosci le mie debolezze?

Tre mesi dopo, puntuale, la disfatta.
Dopo aver scoperto insieme una sessualità meno dolce e più sanguigna, più vicina a ciò che piace a me, finisci per non volermi più scopare.

Ti ho decisamente sopravvalutato amico.
Come ti viene in mente di stare nella mia stessa stanza senza mettermi le mani addosso?
Come ti viene in mente di dormire al mio fianco, abbracciarmi, dirmi paroline biscottose e non trombarmi di santa ragione?

E poi.
Come ti viene in mente di mettermi al secondo posto nella tua vita?

Tu non hai capito un cazzo amico.
Prima che arrivi l'estate un vento forte e salvifico porta via tutto.
Tu piangi e fai la vittima.
Mi fai schifo.
Sei un uomo o una mezza sega? Di quelle con la punta del cazzo che esce da jeans e mutande e si appoggia alla pancia mezza floscia?

È stato un bel sogno ad occhi aperti, prima di essere un incubo.
È evidente che non ha funzionato.
D'altra parte, è risaputo, i sogni funzionano soltanto ad occhi chiusi.

E io lo so. Ho smesso di credere ai sogni.
Ma tu mi hai trascinato dentro al tuo sogno.
E io ti odio. Profondamente.
Mi hai rubato il sogno. E mi hai rubato l'amore.

Non si fa così.
Non promettere quello che sai di non poter mantenere.
Mi hai portato nella tua illusione per poi dirmi "no, scusa, scherzavo, io non sono questa cosa qui, io non posso darti questo" e te ne sei andato chiedendo perdono.
Verme. Non puoi chiedermi più niente tu.
Nemmeno perdono.

È una rabbia cieca quella che ho addosso adesso.
Dopo che tutto è strafinito da mesi, oggi, finalmente riesco a nominare quella cosa che mi gira nel cuore quando qualcuno ti nomina.
ODIO.
Ecco cosa provo per te.
È come se il tempo mi abbia permesso di vederci chiaro.

Mi sento presa per il culo.
Sai, sono abituata alle prese per il culo dell'italiano medio.
E così cavalco la mia natura diffidente.
Ma di te mi fidavo.

Tu, verme schifoso, mi hai inculato mentre tenevi impegnati i miei occhi con fuochi d'artificio.
Me ne sono accorta quando ormai eri già dentro di me e mi avevi fatto sanguinare dal dolore.
Ti odio.

Sì. È stato bello a tratti, sì.
Una relazione che si presume stabile e ufficiale ha un sacco di vantaggi.
Soprattutto riempie tutti quei buchi temporali che mi fanno sentire sola: la mattina appena sveglia, la sera prima di addormentarmi, il sabato, la domenica.
Ma non sono disposta a sopportare la pesantezza della tristezza di un altro per evitare di sentire la mia.

Alla mia tristezza sono abituata, la conosco, è una vecchia amica, so come portarla all'eccesso ed eliminarla con un colpo di testa.
Antidoti alla tua pesantezza non ne ho.
Mi dispiace.

Non sono la tua terapeuta.
Sono una Donna.
Non sono disposta ad essere altro.

Devo ricordarmelo adesso che arriva il freddo e avrei voglia di trovare le braccia di qualcuno sotto al piumone.

1 commento:

Minerva ha detto...

Fermati al paragrafo precedente l'ultima frase: ché sei divina! ;-)